Luoghi: Splugen (CH)

Ciao a tutti!! Dopo 7 giorni di silenzio eccomi qua, nuovamente presente, in progressivo miglioramento con la tavola e pronto per lanciare un’altra serie di post: la serie “luoghi”, per raccontarvi le mie impressioni e sensazioni su impianti e località dove, di volta in volta, avrò portato Blackie. Si incomincia da Splugen!

Ieri, dopo una breve serata con i soci, un sonoro “biiip biiiiiip” mi ha scaraventato giù dal letto alle 5.45. Ore 6.20 al ritrovo, ore 6.45 si parte per Splugen, una delle località più fredde del panorama alpino dato che nelle giornate peggiori si arriva a -26°C!!! Cielo terso e ancora diverse stelle quando, assonnato, salgo sul pullman per le due ore di viaggio che mi separano dagli impianti.

All’arrivo, alzando lo sguardo, anche se il sole batte sull’altro versante, bianco e azzurro la fanno da padroni, mentre intorno a me c’è un mix di colori: rosso, verde, blu, giallo e ogni altro colore possibile. E’ la RLZ Surf Tribe, i pazzi con cui me la surfo…si’, prima o poi vi racconterò anche di loro!! Cabinovia e si sale verso le piste: noto subito che la società che gestisce gli impianti deve aver chiamato una crew di writer per decorare le cabine, tutte una diversa dall’altra: bella storia!!

Arrivati in cima siamo al sole: altro che freddo, fa davvero caldo: che giornata! Prima discesa un po’ deludente: una rossa di collegamento che porta verso le piste vere e proprie. Scendi e sali continuo, tra “dune” ravvicinate su cui lasciar andare la tavola è difficile se sei alle prime armi come il sottoscritto. Arrancando raggiungo finalmente la pista vera e propria, presa da metà: piuttosto ripida, con un muro verso la fine, dove anche qualche rider decisamente più esperto di me fatica facendosela tutta in back o quasi, per poi prendere velocità sul piattone finale: da qui c’è la seggiovia e mi vedrò tutta la pista. Bella, larga, con da parte un bel po’ di fresca impegnativa, e un canalone cosparso di piccoli pini e pieno di powder!! Piuttosto ripida, ma me la faccio comunque più d’una volta e ci pianto un bel po’ di curve (e di facciate)!

Altro giro, altro regalo: dalla cima della stessa seggiovia cambio versante, e trovo una blu meno ripida della rossa di prima, ma comunque divertente. S’arriva in una conca in cui confluiscono 3 o 4 piste brevi, separate da vastissime distese di powder solcata da scie di tavole e con dei bei salti qua e là…c’è da divertirsi!! Mi faccio qualcuna delle piste nella conca e per la prima volta provo a mettere il naso di Blackie in fresca: che bello galleggiare li’ dentro, è una sensazione meravigliosa!! Tutto bello quindi, con l’unica pecca di una seggiovia alimentata a criceti: non fosse che seduto li’ ti riposi e prendi il sole faresti quasi prima a salire a piedi…

Dopo quasi 5h di surfate le gambe mi salutano. Ci sediamo, birra e chiacchiere. Chiedo a un maestro com’è la nera di rientro: al mattino bellissima, ora è un po’ ghiacchiata, quindi me la scendo in cabinovia.

Giudizio generale? E’ un comprensorio molto piccolo, a cui pero’ non manca nulla. 30 km di piste di ogni livello, e c’è persino un piccolo park appena sotto l’arrivo della cabinovia, in cui si può passare la giornata risalendo di volta in volta con una ancoretta. Paesaggisticamente è meraviglioso: grazie alla giornata tersa si vedevano tutti i massicci circostanti e per chi ama una montagna un poco più “dolce” è davvero tra i posti più belli, almeno tra quelli che ho visto finora. Per i miei gusti non c’è paragone con le dolomiti, che con le creste affilate come coltelli e quella natura selvaggia mi lasciano senza parole ogni volta, ma Splugen resta un posto in grado di regalare più di qualche vista mozzafiato! I’ll be back…anche perché sono curioso di farmi quella nera di rientro…

Ciao a tutti! STAY TUNED ON L.i.B.

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Recensioni: Snow Boots – 2011 Northwave Decade SL

Bentornati. Iniziano con questo post le recensioni dell’attrezzatura da snow: tavole, attacchi, boots, pants, giacche, caschi, intimo tecnico, maschere, guanti, cappelli… Insomma tutto quello che serve per surfare alla grande. Ogni recensione sarà passibile di rettifiche, che nel tempo verranno pubblicate come nuovi post e dotate del collegamento alla prima recensione. Questo mi permetterà di raccontarvi la storia del pezzo d’attrezzatura in oggetto, per capirne la durevolezza e gli eventuali difetti che, col tempo, dovessero palesarsi.

I Northwave Decade SL

Inizio questo ciclo parlandovi dei miei Northwave Decade SL, snow boots di fascia medio-alta di un marchio italiano, leader in un settore che affonda le proprie radici negli Stati Uniti. Li ho acquistati ad una settimana da Natale, per poi metterli approfonditamente alla prova sulle piste delle Dolomiti.

Sono arrivato in negozio dopo qualche giorno di ricerca online e col bagaglio di suggerimenti ricevuti da un paio di amici competenti. Incrociando consigli, recensioni e commenti raccolti da vari forum di appassionati mi sono orientato su Northwave, DC e Vans. La disponibilità del negozio, forse a causa delle feste imminenti, ha ridotto le mie scelte a due modelli della Northwave, Decade SL e Legend SL, e ad un modello della collezione 2010 della Burton che usciva a basso prezzo.

Ad aiutarmi nella scelta una buona amica, presente al momento dell’acquisto, e una esperienza passata. A Cervinia avevo noleggiato dei Burton: a metà giornata ho notato che la caviglia si muoveva troppo liberamente nei boots, col risultato di dolori lancinanti ai polpacci, in continua tensione per controllare l’andatura, specie in front-side. Cerco un ottimo sostegno per la caviglia, e dei boots dotati di una buona rigidità, per migliorare il controllo sulla tavola.

Ho scartato i Burton alla prima occhiata. La scarpetta non si stringe autonomamente, ma viene chiusa da una calza interna allo scarpone. Alla prova dei fatti, fatta più per scrupolo che per interesse, il sostegno per la caviglia mi pare prossimo allo zero, molto simile, pure in uno scarpone nuovo, a quello riscontrato nel modello noleggiato a Cervinia. Più che degli snow boots mi sembra di avere ai piedi dei moon boots, e questa non è certo una bella sensazione.

Esclusa la Burton mi sono fatto dare i due boots della Northwave. Salta all’occhio l’estetica migliore dei Decade, ma sto cercando un buon rapporto qualità-prezzo, non gli scarponi più cool. Estraggo le scarpette, entrambe con lacci propri e chiusura tramite un cursore che fissa i lacci in posizione. Osservo l’interno dei due scarponi senza la scarpetta e la fattura dell’involucro esterno: molto simile nei due modelli. Per quale motivo i Decade costano 60 euro in più? Indosso i Legend: sostegno decisamente migliore rispetto ai Burton. Penso: “scelta fatta, questi mi sembrano ottimi, e non vale la pena di lasciar giu la differenza solo perché gli altri sono piu belli!” Mi sbagliavo. Provo i Decade, caviglia bloccata in una morsa d’acciaio, ma senza dolore: una sensazione meravigliosa. Li tolgo e osservo la scarpetta: ecco dove sono finiti quei 60 euro di differenza!! La progettazione è evidentemente diversa ed il sostegno altrettanto. Sono miei!

Passata una settimana, e il Natale, arriva finalmente il 27 Dicembre. In cima allo Speikboden, seduto nella neve, in una meravigliosa giornata di sole, chiudo gli attacchi e…facciata nella neve, ovviamente!!!! 🙂 Mi ci son voluti un paio di giorni di discese comiche per iniziare ad apprezzarli a pieno! Il terzo giorno inizio a fare più discese, più curve, diversi tratti in front-side: a fine giornata i polpacci sono come nuovi, i piedi caldi e asciutti, e la tavola risponde ai miei comandi con una facilità sorprendente. Si’, quei soldi li ho spesi bene!!

Chiusi bene par quasi di avere ai piedi degli scarponi da sci eccezionalmente comodi. La camminata che impongono non è quella quasi naturale che si vede normalmente: sono scarponi piuttosto rigidi, ma credo di dovere loro buona parte dei miei veloci progressi sulla tavola. Ogni parte del piede, fino al polpaccio, ha un sostegno ottimale e non si prova affaticamento. I lacci separati per la parte bassa e alta dello scarpone consentono di adattare la chiusura al piede perfettamente. Resta, comunque, quella libertà a livello della pianta del piede che ho trovato utile quando, su pendii un po’ più ripidi, ho avuto bisogno di chiudere la curva più seccamente, ma di massima il piede rimane ben bloccato e sostenuto dallo scarpone. Insomma, li consiglio spassionatamente, anche se aspetto di aver maturato ancora un po’ di esperienza per completare le mie impressioni e sensazioni sul pezzo.

Ah, un ultimo consiglio. Se avete in programma di cambiare i boots l’anno prossimo, segnatevi il nome, e chiedete intorno a novembre se ci sono delle paia rimanenti della vecchia collezione. Girate più negozi, cercate eventualmente anche online, e comprateli pure ad occhi chiusi, purché siano nuovi. Risparmierete parecchi soldi! 😉

Alla prossima, e STAY TUNED!!!!

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Snowboard vs Ski: Gli attacchi

Culo per terra e chiudere gli attacchi...

Sci o Snowboard? Snow, ovviamente, almeno questa è la mia scelta, anche se per molti anni sono stato sciatore.

Passando allo snowboard uno degli elementi di maggiore scomodità che ho riscontrato è il discorso attacchi. Sugli sci è questione di pigiare il tallone sull’attacco ed il gioco è fatto. In piu’, grazie a caratteristiche intrinseche nello sci (le gambe sono separate e indipendenti) e grazie al fatto che gli impianti di risalita sono studiati per questa prima disciplina, gli sci si possono indossare a inizio giornata e staccare dopo l’ultima pista: si scia, si va in seggiovia, si sale sullo skilift, si arriva in fondo ad un piano sempre con gli sci ai piedi.

Sullo snow (azz…) il discorso è un po’ diverso.

In seggiovia, sullo skilift e ogni volta che si è in un punto prevalentemente pianeggiante, ed è quindi necessario spingersi, bisogna staccare l’attacco posteriore (per me che sono “regular stance”, il destro). Questo avviene molte volte in una giornata sulla tavola, e si finisce, solo per un momento, a sentire la mancanza degli sci (dopo una manciata di secondi si assapora quella sensazione di libertà che solo lo snow è in grado di trasmettere e ci si dimentica istantaneamente dello “sbattimento” attacchi). Sta di fatto che, paradossalmente, proprio nella disciplina che richiede piu’ “stacca e attacca”, il tipo di attacco prevalente (Ratchet Bindings) è anche lungo e discretamente complesso da chiudere. In una delle giornate trascorse nelle Dolomiti ho visto in azione un diverso tipo di attacco, e oggi ho approfondito un pochino la conoscenza di questo sistema. Si chiamano “Flow-in” e sono una creazione della Flow, marchio statunitense fondato da Reinhardt Hansen, ex wind-surfer. I flow-in sono attacchi in cui la “highback plate”,

Ecco i Flow-in

la piastra cui si appoggia la parte posteriore dello scarpone, si flette verso l’esterno, lasciando spazio per infilare (in inglese to flow-in) il piede negli Straps già regolati e chiusi in precedenza. La piastra stessa, a questo punto, puo’ essere riportata in posizione e bloccata grazie ad una leva che mette in tensione degli elastici, fermando il piede nell’attacco. Si tratta dunque di un sistema velocissimo, che risolve in parte il problema cui accennavo sopra. Ho gironzolato un po’ per i forum di appassionati per leggere qualche commento di chi li ha usati o li usa. Si parla, ovviamente, di una maggiore velocità di attacco/stacco e di un maggior comfort su tutto il piede in quanto le due “straps” sono collegate tra loro e distribuiscono meglio la pressione sullo scarpone.

Force 2007 - Union bindings

Di contro molti sono concordi, soprattutto per quanto riguarda la fascia bassa e i modelli fino al 2008, nel ritenere che la responsività di questi attacchi ai comandi del rider sia più bassa. Mi piacerebbe provarli, questo si’, perché le sensazioni all’uso sono estremamente soggettive, ma dovessi mai pensare di cambiare attacchi considererei i pro di questa tecnologia solo a fronte di una equivalente risposta degli attacchi stessi. Per ora, infatti, ho tutta l’intenzione di continuare a surfare con i miei Union Force 2007. Questi ultimi sono attacchi eccezionali. Ho letto in molti forum critiche eccellenti, e conoscendo chi me li ha venduti, persona di fiducia e di grande esperienza, posso credere a commenti così entusiasti. Prima o poi, affinata la mia tecnica sullo snow al fine di poter “sentire” e capire a fondo le sensazioni di quest’altro attacco, proverò i flow-in, magari affittandoli in giornata, e scriverò le mie impressioni!! Ciao, e STAY TUNED!!

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Back from Forcora!!

Eccoci qua: io, Blackie, Alessandro ed Andrea, ovvero i miei fratelli, in fondo ad una giornata di sci su una unica pista, ma molto proficua per i miei miglioramenti.

La giornata è iniziata su uno skilift a piattello: un dramma. Primo tentativo: 50m, poi facciata sulla neve. Vabbè, riproviamo. Secondo tentativo: 2m, e nuova facciata sulla neve. Non vale come tentativo dai!! 2m sono troppo pochiii!!! Ok dai, riproviamo!! Terzo tentativo: avete presente un ubriaco che tenta di camminare dritto? Ecco. Ci sono molte somiglianze col sottoscritto che cerca di risalire sullo skilift…pero’ sono arrivato in cima!! Da li’ tutta discesa, non intesa come quella che torna giu’ alla base dell’impianto, ma i successivi skilift, fatti a tratti con una certa disinvoltura. Quindi, risalita con lo skilift: MASTERED!!

Ora, veniamo alle discese. Dopo le prime due discese di adattamento direi tutto molto bene!! Ho fatto un paio di discese in cui mi pareva di superare la “velocità smodata” di “Spaceballs”…e con sensazioni tra front e back piu’ che positive, per non dire esaltanti!! Sensazioni peraltro ridimensionate dalla visione, a posteriori, di un video sfocatissimo, ma in cui si vede che ho, come dice una mia amica, il culo all’elio, vale a dire in fuori, e che scendo a 2 all’ora!! Ma a livello di feeling con la tavola si migliora di giorno in giorno, cosi’ come la scimmia che ho attaccata qui al collo e che mi spinge a surfare surfare e ancora surfare per migliorarmi!! Domani vado da Zoopy e mi iscrivo all’uscita di Splugen, domenica prossima!!

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Passo della Forcoraaaaa!!

Bene!! Arrivato all’inizio di queste vacanzine della Befana torno a lanciarmi subito sulle piste…o meglio sulla pista del Passo della Forcora. 200m di dislivello per una micro-pistina che pero’, per le capacità del sottoscritto va quasi bene!! Alla fine con 14 euro di skipass me la cavo, e imparerò a risalire con lo skilift (e qui, ho l’impressione che si vedranno delle grandi comiche!!!)

In compenso riporto a spasso Blackieeee!! Ah, per oggi la catalogazione di tutti i miei oggetti latita, pero’ tra raccolta di tute varie da prestare ai miei fratelli, prove di scarponi e preparazioni varie per domani non ho proprio tempo! Oggi post breve, ma i tre post di ieri compensano alla grande! A domani o dopodomani sera per aggiornamenti!

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26/12/2010 02/01/2011 – The beginning

Quante volte son finito cosi'!!!

Come s’intuisce dal titolo negli ultimi 7 giorni è iniziata ufficialmente la mia avventura sullo snowboard.

Ufficiosamente, in effetti, avevo messo i piedi sulla tavola già altre due volte. La prima diversi anni fa, 7 per la precisione, a Pian delle Betulle: tavola e scarponi non miei, visibilità variabile tra zero e dieci metri per nebbia, condizione fisica pessima e pista nera (l’unica del comprensorio). Esperienza negativa, archiviata con la tavola appesa al chiodo dopo due ore di sofferenza, e prima di due giorni d’inferno per dolori sparsi in ogni punto del corpo. La seconda a Novembre scorso: arrivavo da due mesi di preparazione atletica dedicata: tutti i giorni corsa, flessioni, squat e addominali. Siamo andati a Cervinia con RLZ, io e una amica che sulla tavola se la viaggia, e parecchio! A parte che avevo dormito due ore, dopo le prime titubanze, anche grazie ai consigli della suddetta amica, qualche curva da back a front: già qualcosa! Pero’…ghiaccioli sulla barba ogni volta che, tentando di tornare in back, finivo regolarmente in terra…e poi…maledizione quanti piattoni ci sono a Cervinia???? Risultato? Metà della giornata passata a farmi i piattoni a piedi, senza calcolare un altro piccolo inconveniente sul quale sorvolerò.

Veniamo agli ultimi giorni: Campo Tures, piccolo paesino in mezzo alle Dolomiti, ovvero il paradiso dello sci. Una perla più o meno equidistante da 3 comprensori di piccola e media dimensione: Kronplatz, Speikboden e Klausberg. In 5 giorni di surfate posso dirlo: back e front mastered, almeno fino alla rossa…ma soprattutto…ho cominciato a divertirmi da morire con Blackie!! Fosse stata anche un’intera discesa fatta in back, sulle nere o in certi tratti delle rosse, giocavo passando da forward a fakie e prendendo velocità, oppure scendevo caricando alternatamente una gamba e l’altra e buttando il peso in avanti, con una andatura simile allo slalom stretto sugli sci. Insomma, oramai ci sono dentro: io amo questo sport!!

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…cominciamo…

Blackie è una Palmer Pulse 54, del 2007. L'ho presa usata, ma col fondo come nuovo!

Less is Board nasce qui, oggi.

Scrivo questo post per chi lo leggerà, ma anche e soprattutto per me stesso, per aiutarmi a fissare il sogno e gli obiettivi che dietro a queste pagine e a queste righe si celano.

Mi chiamo Marco, sono architetto e vivo a Milano. Da qualche mese ho iniziato ad avvicinarmi al mondo dello snowboard, e in un certo qual modo la mia tavola, Blackie, mi sta cambiando la vita. Grazie a Blackie sto imparando che fare è enormemente più soddisfacente di possedere, che i soldi investiti in oggetti tornano indietro sotto forma di una soddisfazione momentanea, mentre quelli investiti nel fare ti restituiscono una passione. Cosi’ ho pensato che la neonata passione per la tavola potesse aiutarmi a fare pulizia delle cose della mia vita e ad aumentare le ore spese per fare, per seguire una mia passione: quella per la tavola.

Di qui questo blog: il mio racconto dell’universo Snowboard, con i suoi luoghi, i suoi negozi e la sua attrezzatura, e ogni tanto anche delle emozioni che io e Blackie potremo vivere insieme!

Comincia l’avventura!!

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